Stai zitta è l’ultimo libro che ha scritto Michela Murgia, io l’ho ascoltata quando ho partecipato alle 9 Muse di Milano deve a mente travolgente quando si racconta.
La sua scrittura non è da meno.
La pratica dello «Stai zitta» non è solo maleducata, ma soprattutto sessista, perché unilaterale; invano cerchereste una donna che abbia pubblicamente tentato di imporre il silenzio a un uomo, nemmeno in contesti molto alterati. Che cosa c’è dietro questa frase?
Non solo avere un’opinione, ma addirittura contrapporla a quella di un uomo, per cui – se lo fa – che si prenda anche le conseguenze!
Parlare e farlo in modo problematico è ancora considerata la piú sovversiva.
Un gruppo di uomini che parlano è un consesso dialettico, un gruppo di donne è un pollaio.
Parlare è un potere e dare potere alle donne è sempre stata una cosa problematica nei monoteismi.
Stai zitta, e altre nove frasi che non vogliamo sentire piú la trama:
Di tutte le cose che le donne possono fare nel mondo, parlare è ancora considerata la piú sovversiva.
Se si è donna, in Italia si muore anche di linguaggio. È una morte civile, ma non per questo fa meno male.
È con le parole che ci fanno sparire dai luoghi pubblici, dalle professioni, dai dibattiti e dalle notizie, ma di parole ingiuste si muore anche nella vita quotidiana, dove il pregiudizio che passa per il linguaggio uccide la nostra possibilità di essere pienamente noi stesse.
Per ogni dislivello di diritti che le donne subiscono a causa del maschilismo esiste un impianto verbale che lo sostiene e lo giustifica. Accade ogni volta che rifiutano di chiamarvi avvocata, sindaca o architetta perché altrimenti «dovremmo dire anche farmacisto».
Succede quando fate un bel lavoro, ma vi chiedono prima se siete mamma. Quando siete le uniche di cui non si pronuncia mai il cognome, se non con un articolo determinativo davanti.
Quando si mettono a spiegarvi qualcosa che sapete già perfettamente, quando vi dicono di calmarvi, di farvi una risata, di scopare di piú, di smetterla di spaventare gli uomini con le vostre opinioni, di sorridere piuttosto, e soprattutto di star zitta.
Questo libro è uno strumento che evidenzia il legame mortificante che esiste tra le ingiustizie che viviamo e le parole che sentiamo.
Ha un’ambizione: che tra dieci anni una ragazza o un ragazzo, trovandolo su una bancarella, possa pensare sorridendo che per fortuna queste frasi non le dice piú nessuno.
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