È solo questione di fiducia. Gliel’ho detto e ripetuto in tutte le salse, al piccolo di casa. E’ bello fidarsi degli altri, giocare da solo non basta, in squadra si ottiene di più e si vince. Uno si appoggia all’altro e dall’altro trae forza, in un gioco di incastri e di compensazioni che rafforzano e “innalzano”. Proprio per fargli capire meglio questo concetto e, al tempo stesso, indurlo a non scaraventare dove capita cappello- sciarpa-giubbotto quando rientra in casa ho “invitato” nel mio ingresso un particolarissimo appendiabiti.
Dei tanti, tantissimi visti e selezionati “lui” è il più originale e affascinante. Mi ha colpita subito. Senza tentennamenti, senza passi indietro, di quelli che vedi un oggetto e ti piace ma dopo qualche giorno l’effetto, ripensandoci, non è più lo stesso, è come svaporato.
Si chiama “Game of Trust”, appunto, “Gioco di fiducia” ed è prodotto dalla veneta Mininforms. Perché un nome tanto particolare per un attaccapanni? Basta vederlo e si capisce da sé, senza bisogno di parole. L’apparenza è semplice e in una certa misura fragile: tre “Y”, alte 1 metro e 70 in legno di faggio massello (che a piacimento nei terminali può essere laccato in bianco, giallo, corallo, verde, blu, grigio setificato, eccetera), si tengono su solo grazie a tre viti, discrete per non dire invisibili. Questi tre elementi sono identici e si incastrano fra di loro, garantendo solidità e perfetto equilibrio. Ogni “ramo” sorregge gli altri e ognuno dagli altri è sostenuto, come un abbraccio che trasforma i tre pezzi in un solo unico bellissimo “albero”.
E’ nato nel 2011, questo appendiabiti da terra elegante e dalle linee pulite, realizzato artigianalmente, come un’opera d’arte. Lo ha inventato il designer Iannis Ghikas, ateniese di nascita, che alla ricerca della funzionalità nelle sue creazioni ha sempre unito le possibili risposte emotive generate dal prodotto. Con questo pezzo siamo infatti in piena “cultura del bello”, in più completamente Made in Italy. “Mamma, hai preso un albero dal parco…?” chiede Edo, allargando le braccia. “Ti piace?”, dico di rimando io. “Sììì, così ci mettiamo il cappotto sopra e anche le foglie e i fiori”, si entusiasma lui.
“Il legno – scrive il filosofo francese Jean Baudrillard in “Il sistema degli oggetti” – ha un suo calore latente; nelle sue fibre racchiude il tempo, è il recipiente ideale, poiché ogni contenuto è qualcosa che si vorrebbe sottrarre al tempo. Il legno ha un suo odore, invecchia…insomma il legno è un essere”.
Ho pensato che – a parte la funzione propria – potremo trasformarlo in mille oggetti: un evidenziatore di post it per ricordarci quello che sfugge, un albero di Natale decorato con qualche filo luccicante, un ramo di gialla mimosa per l’8 marzo…Nomade, come è la nostra vita, per antonomasia, potremo spostarlo in una stanza o in un’altra, per soccorrerci con i suoi rami. Semplice da assemblare come pure da smontare, d’avanguardia ma classico…Un pò come la ditta fondata nel 1971 da Luigi Bardini: “Miniforms è una tipa bizzarra – scrive la famiglia a proposito del brand -. È sempre vestita con abiti colorati dalle forme particolari che le risaltano il volto… La puoi vedere chiacchierare abitualmente con molti giovani talenti del Design. A volte la puoi vedere prendersi un caffè vestita da borghese mentre scherza con l’Ironia e con l’Avant Garde. A volte anche con l’Ambientalista, visto il rispetto che nutre per l’ambiente e l’amore verso il legno. Negli anni ’70, quando in discoteca si ascoltava David Bowie, si chiamava diversamente. Era conosciuta come Industria Veneta Tavolinetti, anche se molti la chiamavano Inveta. Negli anni ’80, quando tutti ascoltavano la new wave, ha cominciato a guardare con interesse l’Europa… Ora invece, la puoi trovare tranquillamente in qualche grattacielo di Melbourne, in qualche ristorante di Madrid, in qualche studio di Design a Londra dialogando fluidamente con un tono vivace e fresco. Il tempo sembra ringiovanirla”.
Elisabetta Martorelli
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