Mamme e lavoro
Cresce il numero delle mamme lavoratrici e con esso l’esigenza di dividersi tra famiglia e lavoro. L’ estensione dei diritti di maternità al padre ha sicuramente apportato un cambiamento significativo nella società contemporanea, tuttavia non sembra essere abbastanza. Sono infatti ancora molti i problemi da risolvere.
Il termine maternità può assumere oggigiorno molteplici significati. In giurisprudenza, il congedo di maternità è il periodo di tempo “libero” retribuito, riconosciuto obbligatoriamente alla lavoratrice durante ed a seguito di una gravidanza. Con la riforma del 2001 però, il concetto è stato esteso e migliorato mediante la concessione del medesimo privilegio al padre.
Qualora la donna fosse impossibilitata per qualsivoglia ragione e non potesse adempiere ai suoi obblighi di madre, sarà infatti l’altro genitore ad usufruire del periodo di astensione dall’attività lavorativa e dell’indennità relativa. Questa piccola rivoluzione del mondo del lavoro ha senz’altro spostato il focus sulla nuova valenza del ruolo paterno all’interno del nucleo familiare, contribuendo inoltre ad alleggerire il pesante fardello imposto per consuetudine alla donna.
La legge, stabilendo che entrambi i genitori abbiano diritto ad assentarsi dal lavoro per dedicarsi ai figli, ha voluto dunque legittimare per la prima volta la profonda trasformazione sociale avvenuta negli ultimi decenni. Certo un passo avanti innegabile per quel che concerne l’emancipazione del gentil sesso. Tuttavia, quello dell’occupazione femminile resta un settore controverso, caratterizzato prevalentemente da prevaricazioni che soltanto politiche mirate potrebbero evitare.
Maternità e lavoro in nero son termini che cozzano. Non solo per il mancato riconoscimento dei diritti, implicito nel lavoro non contrattualizzato, ma anche perchè quando parliamo di maternità non ci riferiamo banalmente al periodo di congedo, bensì all’essere mamma e al divenirlo, alle gioie ed i sacrifici che ne derivano, all’ impegno profuso nel mettere alla luce un figlio, allattarlo, crescerlo ed educarlo. Le donne che a causa della crisi e della progressiva deregolamentazione del mercato del lavoro, sono state costrette al precariato, si barcamenano ogni giorno tra casa e lavoro, senza tregua, senza garanzie.
Rimettersi in gioco ogni volta, dopo una gravidanza, non è affatto semplice. Le più diligenti e proattive aggiornano i curriculum, realizzano da sole le proprie business card (vedi i biglietti da visita Stampepress), fanno colloqui, riuscendo a conciliare egregiamente lavoro e faccende domestiche. Occorre però aprire gli occhi ed incentivare l’adozione di misure volte a valorizzare il ruolo della madre lavoratrice, magari garantendo orari flessibili, migliorando il trattamento retributivo, eliminando le disparità senza precluderle la possibilità di rivestire incarichi di responsabilità.
Valentina Barretta
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