La cosa che mi ha colpito degli scavi di Ercolano al primo impatto è che c’erano delle case a due piani, con tutti i tetti cosa che agli scavi di Pompei non si trova.
L’ambiente è molto più angusto e le case sono molto attaccate tra loro, segno che era molto più semplice e povera la vita qui ad Ercolano rispetto che a Pompei.
È stato ipotizzato che la superficie complessiva racchiusa dalle mura fosse di circa 20 ettari, per una popolazione di circa 4000 abitanti; visibili a cielo aperto sono solo 4,5 ettari.
Mentre alcuni importanti edifici pubblici, scavati per cunicoli nel Settecento, sono oggi inaccessibili (la Basilica di Nonio Balbo, la cosiddetta Basilica) o si trovano all’esterno del parco archeologico (il Teatro e la Villa dei Papiri).
Le strade, pavimentate con blocchi di lava e fiancheggiate da marciapiedi, non presentano i solchi segnati dal passaggio dei carri come a Pompei, evidentemente perché, almeno nel settore scavato, il trasporto delle merci era affidato a facchini o mulattieri.
Gli Ercolanesi non possedevano tutti l’acqua in casa e quindi usufruire delle piscine termali era una vera e propria necessità.
Ma allo stesso tempo era un autentico fenomeno di costume, espressione di una particolare concezione del tempo libero.
Si andava alle terme non solo per fare il bagno, ma anche per passeggiare, mangiare, bere, incontrare amici, conversare, fare conoscenze, cercare appoggi politici.
Le terme diventarono quindi un’occasione di vita sociale in un ambiente, che per sua stessa natura facilitava gli incontri.
Gli stabilimenti offrivano infatti: bagni caldi, piscine, saune, locali per il massaggio e la toeletta, palestre e spazi porticati.
All’ingresso si pagava una modesta tassa, anche se vi erano casi di entrate gratuite, ad esempio per i ragazzi, e poi vi erano diversi prezzi per i vari servizi: custodia dei vestiti, massaggi, fornitura di oli profumati.
In genere uomini e donne avevano sezioni separate.
Ercolano, a differenza di Pompei, fu sepolta da flussi di materiale vulcanico che, con la loro elevata temperatura, hanno carbonizzato tutti i materiali organici, come il legno, le stoffe, gli alimenti, permettendone la conservazione.
Nel 1982, il rinvenimento sulla spiaggia di una barca di 10 m ha suggerito l’adozione di altre tecniche, approntate dall’Istituto Centrale del Restauro di Roma.
La barca è stata ricoperta di uno strato di silicone e chiusa in un guscio rigido di vetroresina, che assolve anche la funzione di contenitore, per consentire il consolidamento mediante colaggio di silicato di etilene.
Ad Ercolano sono stati ritrovati numerosi letti, tavoli, armadi, larari, e persino una culla.
Dei letti triclinàri, usati per mangiare, restano solamente gli eleganti elementi decorativi. Per la realizzazione dei mobili erano impiegati diversi tipi di legno e molti erano intarsiati.
Nelle abitazioni si sono conservate porte ‘a soffietto’, parti di scale, armadi e tramezzi, proprio come nelle case odierne.
Ci sono pervenute anche le tavolette cerate, contenenti atti giuridici, in parte ancora leggibili.
Gli oltre trecento scheletri, rinvenuti dal 1980 sull’antica spiaggia e negli ambienti prospicienti, consentono di recuperare interessantissime notizie su stili di vita, patologie, regimi alimentari degli antichi Ercolanesi: poiché i Romani in quel periodo adottavano il rito dell’ineinerazione dei defunti, è facile capire l’importanza e l’unicità di una tale scoperta.
Eccezionale è anche la conservazione dei papiri rinvenuti nella grandiosa villa extraurbana detta, appunto, ‘dei papiri’: alcuni sono andati distrutti nel tentativo di srotolarli, molti conservano testi in greco, pochi in latino.
Se dopo aver visitato Ercolano e Pompei proseguì la tua vacanza verso la penisola sorrentina, puoi venire a soggiornare nella mia casa con piscina, ti aspetto Angela.
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